Perché Satkāma – una spiegazione necessaria

Sat significa “esistenza” e “verità”. Kāma significa “desiderio”. Satkāma, combinazione delle due parole, significa “vero desiderio” (cfr. Swami Sivananda, Glossary of Sanskrit terms, p. 64 e 112). Il termine è attestato dalla tradizione induista almeno in due testi fondamentali, Śiva Purāṇa 2.3.51 e Chāndogya Upaniṣad 8.1.5. Qui lo useremo in versione semplificata senza segni diacritici per una lettura più facile e una migliore indicizzazione.

L’elemento intorno a cui ruotano tutte le esperienze e le motivazioni umane, inclusa lacostellazione corpo-sensi-emozioni, è il desiderio. In un libro unico e brillante questa situazione è stata così definita: “Prima ancora di respirare, gli uomini desiderarono” (Roberto Calasso, Ka, p.224). E nel Mahābhārata, testo dall’ortodossia insospettabile, c’è un brano, noto come Kāmagītā (“Canto del desiderio”), in cui si afferma che nessuno e in alcun modo può pensare di uccidere il desiderio, in quanto questo, per usare un’immagine estranea al testo, è la forza stessa che sospinge la mano dell’assassino (Mahābhārata, XVI.13.3-18). Già qui il desiderio è riconosciuto perciò come la forza base dell’universo, senza la quale nulla nel mondo accade. Questo tema sarà poi portato all’apoteosi dalla tradizione tantrica, così come, fatti gli opportuni aggiustamenti, da quella cabalistica.

Riconosciuto questo, tanto vale accettare la realtà per quello che è senza volerla tarpare: siamo creature desideranti. Ciò detto, nessuno ha mai sostenuto che i desideri vadano vissuti in modo acritico. Viverli nell’inconsapevolezza, significa esserne vittime. Al contrario, diventare consapevoli di ciò che ci spinge a vivere significa imparare a usarne la forza propulsiva in modo “vero” e anche, perché no, virtuoso. Senza volere associare al termine “virtuoso” valori moralistici. Dal punto di vista tantrico e cabalistico, “vero desiderio” indica la spinta spirituale che è negli esseri umani, quindi l’uso di tutte le nostre potenzialità fisiche, mentali e del sentire verso il fine ultimo della liberazione (induismo) o dell’equivalenza di forma con il Creatore (ebraismo). Se però riconosciamo anche che ogni esperienza umana è in ultima analisi sempre un’esperienza spirituale – anche quando non vogliamo o non ce ne rendiamo conto – possiamo dire che il Satkama Yoga riguarda ogni aspetto delle nostre vite, dalle relazioni famigliari a quelle professionali e da quello che mangiamo a quello che pensiamo. Non in modo precettistico. Ognuno deve trovare la propria via nella foresta, senza dimenticare che la meta può essere dietro la prima pianta oppure al termine degli alberi.