Le aspettative sono ipotesi con cui ci orientiamo

Le aspettative sono ipotesi

Le aspettative sono ipotesi, che si ritengono ragionevolmente realistiche, in merito al comportamento che altri adotteranno in base a situazioni, ruoli, norme sociali e istruzione.

Ognuno di noi ha un bagaglio di aspettative, di previsioni create sulla base delle proprie esperienze pregresse, che utilizza per orientarsi ma che spesso possono ostacolare la spontaneità e l’accoglimento dell’altro.

C’è il rischio di vivere nel passato senza accorgersi di eventuali novità. Le cicatrici emotive ci rimandano spesso un’immagine deludente di noi stessi. E con il tempo ci affezioniamo a questo nostro sentire. La soluzione è ritrovare la nostra stabilità interiore e viverla pienamente, consapevoli che possiamo essere noi gli artefici del nostro benessere.

Un’aspettativa è anche un’aspirazione, un desiderio, un sogno. In ogni caso si dovrebbe considerare sempre l’altro come una persona autonoma, con le sue aspirazioni, i suoi desideri, i suoi sogni, che meritano lo stesso rispetto dei nostri. Anche le sue aspettative sono ipotesi… E avere delle aspettative spesso vuol dire essere giudicanti, soprattutto qualora l’altro non le soddisfi.

Per distrazione o pregiudizio creiamo la nostra realtà in base a idee e opinioni personali che spesso riteniamo universali. Vediamo la realtà attraverso l’immaginazione, una particolare forma di pensiero per cui la vita è un insieme frammentario di eventi e individualità separate.

“Di solito la gente divide la realtà in compartimenti stagni e quindi è cieca all’interdipendenza di tutti i fenomeni. Vedere uno in tutto e tutto in uno significa battere la grande barriera che limita la percezione della realtà, quella barriera che il Buddhismo definisce come attaccamento alla falsa concezione del sé. Attaccamento alla falsa concezione del sé significa credere alla presenza di entità immutabili dotate di una esistenza autonoma. Superare questa falsa concezione significa liberarsi da ogni sorta di paura, dolore e ansia”. – Thich Nhat Hanh, Il Miracolo della Presenza Mentale. Un manuale di meditazione

La reattività è il vero problema delle aspettative. Non ci è stato insegnato a non reagire o a prendere le distanze dalle esperienze sensoriali, perciò, spesso del tutto identificati con quelle, difficilmente riusciamo a comprenderle.

 

Tutto ciò che percepiamo e che possiamo desiderare è mutevole, quindi non ci potrà mai dare una soddisfazione duratura. Osserva questo carattere transitorio dell’esperienza sensoriale: scegliere di ricavare soddisfazione dagli oggetti o dalle esperienze sensoriali permette di sentirsi soddisfatti solo temporaneamente, forse momentaneamente felici. Ma poi le cose cambiano, perché non c’è nulla nella coscienza sensoriale (nella realtà?) che abbia una qualità o una esistenza permanente. L’esperienza dei sensi è sempre mutevole e noi, per ignoranza o per mancanza di comprensione, tendiamo a nutrire grandi aspettative a riguardo.

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La buona notizia è che ogni persona ha la possibilità di modificare le proprie credenze e attitudini mentali diventando consapevole delle proprie tendenze, esplorando la propria coscienza sensoriale per conoscersi.

“La differenza fra dèi e uomini si coglie innanzitutto in rapporto a Ananke. Gli dèi la subiscono e la usano; gli uomini la subiscono soltanto. Ananke, la necessità che tutto sovrasta”. – Roberto Calasso, Le nozze di Cadmo e Armonia

Quello che accade a volte è che senti di voler dare e/o aver dato sostegno, amore, gentilezza e ricevi un prezioso scambio di azioni consapevoli; altre invece non senti di ricevere quanto dato, dimenticando però che ognuno dà per quanto gli è possibile. Il segreto è rimanere stabili, non chiudere il cuore, non rifiutare il caos o i problemi, ma osservarli ed esserne consapevoli, senza andare in confusione. E comprendere attraverso la compassione, andare verso gli altri per conoscere sé stessi, perché – non dovremmo dimenticarlo mai – le aspettative sono ipotesi, sia le nostre sia quelle altrui. Quando invece andiamo in confusione permettiamo alla nostra mente negativa di prendere il sopravvento e tornare nel vecchio paradigma. La meditazione, l’esercizio mentale allo stato di presenza, o meglio essere presenti a sé stessi, è fondamentale in questi casi.

A tratti è doloroso imparare a vivere senza aspettative, ma penso che in fondo sia l’unica via per quella “famosa” liberazione di cui parlano molte discipline orientali. Ognuno troverà la propria via, ma sicuramente non è semplice distaccarsi dal fascino di sé stessi e dalle nostre idee sulla vita.

A volte è difficile accorgersi del naturale dittatore che è in noi: di quanto, anche se anagraficamente adulti, siamo ancora emotivamente infantili. E come per tutti i bambini, la nostra bramosia è incontrollata. In età adulta, tale bramosia (ricerca ossessiva di esperienze piacevoli, cupidigia per cose materiali, desiderio per la vita eterna o all’opposto per la dissoluzione del corpo) è fonte di irrequietezza e di sofferenza. Ci aspettiamo ciò che noi desideriamo. Non aspettarsi nulla è invece permettere all’altro di essere e di esser-ci, pienamente e liberamente. Le relazioni di autentico amore si fondano sulla liberazione reciproca, credo.

Ma attenzione, dire che le aspettative sono ipotesi non significa non avere progetti, ritirarsi dal mondo ο essere in balia di ciò che accade. Significa invece impegnarsi nel bene, materiale e spirituale proprio e altrui senza pretendere che gli altri manifestino in cambio il proprio apprezzamento. Non è affatto scontato che la nostra non-aspettativa venga accolta, accettata e compresa. E bisogna fare in modo che la non-aspettativa non diventi a sua volta una aspettativa sotto mentite spoglie. Anche in meditazione si insegna a non avere aspettative e a relazionarsi alla pratica come se fosse sempre la prima volta.

Quanto più restiamo aperti e in ascolto, tanto più probabilmente il miracolo della non-aspettativa potrà realizzarsi e rivitalizzarci.

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