Il lato oscuro dello yoga

Recentemente è stato pubblicato un articolo per me curioso su Der Spiegel, intitolato “Il lato oscuro della tendenza alla consapevolezza, ovvero i rischi e gli effetti collaterali della meditazione e dello yoga”.  Vediamo insieme alcune parti che ho ritenuto interessanti commentare.

L’articolo inizia con l’osservazione che “è emerso un mercato da miliardi di dollari attorno allo yoga, alla meditazione e alla consapevolezza. Ma alcuni metodi apparentemente delicati possono avere conseguenze indesiderabili – per l’individuo e per la società”. Rimango incredula.

Dell’industria dello yoga, senza considerare i fatturati, che sono la conseguenza di una visione distorta e occidentale dello yoga, ne ho già parlato qui.  Ma perché si afferma ora che lo yoga, la meditazione e la consapevolezza possono essere nocivi per l’individuo e la società? Forse “troppe” persone stanno iniziando a porsi i giusti quesiti esistenziali? E perciò è bene creare un nuovo spauracchio?

Secondo l’autore dell’articolo “la meditazione calma la mente stressata, ma a volte troppo: se ascolti solo te stesso, perdi di vista chi ti circonda. I terapisti avvertono: l’introspezione può persino aumentare la malattia mentale”.  Trovo questa affermazione imprecisa: chi soffre di stress non (necessariamente) soffre di una malattia mentale. Lo stress cronico e non curato può condurre a malattie mentali. Ma non farei subito questo salto da stress a malattia mentale, come oggi è intesa e per la quale, ovviamente, sono necessari interventi di operatori socio-sanitari, psicologi o psichiatri.  

IL CONSUMISMO DELLO YOGA: LE APP E L’ESTETICA

L’articolo ci fa sapere che due “app di meditazione(…) sono bestseller internazionali”  e che “il fatturato delle app ammonta a circa quattro miliardi di euro in tutto il mondo; entro il 2027, secondo le previsioni, potrebbe raggiungere quasi i sette miliardi”.

Ma quindi sono lo yoga e la meditazione il “problema” o forse la dipendenza da app, che di yogico hanno gran poco, a partire dal modo di trasmettere gli insegnamenti? Sono lo yoga e la meditazione ciò che fa perdere di vista chi ti circonda o quegli strumenti di intrattenimento (spacciati per educativi) venduti anche a danno di chi li usa? Chi controlla la fruizione delle pratiche fisiche o meditative? Chi fa un check dello stato di salute fisico, mentale ed emotivo di chi fruisce delle app? 

Ogni praticante di yoga porta sul tappetino tutta la sua storia. Il corpo non è separato dal sentire, anzi il corpo si plasma al sentire al vissuto personale.

Lo yoga è per tutti, ma non tutto lo yoga è per tutti. La pratica yogica per consuetudine è (stata) trasmessa di persona, in alcune tradizioni si apprendeva stando vicino al maestro che non insegnava nemmeno, cioè non mostrava e non spiegava, non almeno nel modo in cui lo intendiamo noi oggi. Lo yoga era insegnato attraverso la presenza e l’osservazione e spesso il silenzio.

Oggi lo yoga è trasmesso in modo diverso e in occidente, nonostante gli innumerevoli sforzi di mantenere autenticità, la maggior parte delle volte la pratica viene vissuta con un orientamento consumistico (vedi l’industria dei vestiti, dei tappetini e dei gadgets) e con un’asserzione di rapida efficacia. Questo ha portato all‘idea errata che lo yoga possa essere appreso autonomamente attraverso un’app, ignorando l’importanza della guida diretta di un insegnante esperto. Personalmente, ho avuto recentemente l’esperienza di avere due nuove  studentesse che praticavano autonomamente attraverso app o YouTube: avevano lacune fondamentali nella comprensione di concetti chiave, non conoscevano la  respirazione yogica, entrambe avevano il diaframma bloccato eppure facevano posizioni cosiddette yogiche. Assurdo! Lo yoga non risiede nella posizione. Patanjali addirittura ci dice che prima di iniziare a cimentarsi in posizioni (asana), respirazioni (pranayama) e meditazioni, occorre seguire dei principi etici e morali che stanno alla base della propria felicità (li puoi trovare qui). E l’asana, la posizione in sè, non è solo una posizione, ma la concentrazione e il mantenimento della stessa creano lo yoga, l’unione.

In “Lo yoga non mi rilassa” ho già scritto in merito alla visione distorta del fine della pratica yogica, specifico qui alcune caratteristiche dell’orientamento consumistico dello yoga:

  • focalizzazione sul corpo e sull‘aspetto fisico: lo yoga viene spesso presentato come un modo per ottenere un corpo attraente e flessibile, perdere peso o migliorare l’aspetto fisico. La pratica spirituale e mentale è trascurata a favore degli obiettivi estetici.
  • commercializzazione di attrezzature, abbigliamento e accessori di lusso, alla moda, creano un’immagine distorta dello yoga, enfatizzando l’aspetto esteriore e materiale a discapito della profondità interiore e spirituale. Durante il mio corso di formazione di Yin Yoga, l’insegnante esternò la sua perplessità sul mio abbigliamento yogico (caftano e pantaloni di cotone) e sul mio piccolo tappetino di lana di pecora: non ero in linea con l’abbigliamento sintetico e attillato del gruppo e i loro tappetini antiscivolo. Praticai ugualmente, senza problemi per le posizioni. Trovo inoltre che soprattutto l’abbigliamento femminile in vendita sia sessualizzato e quindi senza alcun nesso yogico.
  • classe sociale e esclusività: alcune pratiche di yoga possono essere commercializzate come attività di lusso, rendendole inaccessibili a molte persone. Lo yoga deve essere accessibile economicamente e fisicamente a tutti, in un modo non in altro.
  • mercificazione delle tradizioni: secondo l’orientamento consumistico, le pratiche spirituali e filosofiche dello yoga possono essere semplificate o addirittura distorte per adattarsi a un pubblico più ampio, a volte a scapito della loro autenticità.
  • focus su corsi a breve termine e certificazioni: la commercializzazione dello yoga sta portando a una proliferazione di corsi brevi e certificazioni veloci (robe di un fine settimana…) permettendo di diventare insegnante di yoga senza adeguata preparazione e necessario approfondimento della pratica, della filosofia e della cura della persona.

CONSAPEVOLEZZA E MEDITAZIONE

L’articolo continua, “ma le tecniche di consapevolezza possono effettivamente alleviare i problemi quotidiani? E cos’è esattamente la consapevolezza?”

Da come l’autore del testo continua immagino che non abbia mai praticato yoga o meditato con un insegnante: in una forma sbrigativa  argomenta che la consapevolezza è una forma particolare di meditazione che implica l’osservazione dei pensieri e dei sentimenti nel momento presente senza giudicarli e che, una volta acquisita, questa tecnica può essere applicata nella vita quotidiana senza la necessità di meditare. “La consapevolezza consente di svolgere attività quotidiane come cucinare o guidare in modo consapevole, come illustrato nel libro Uccidere consapevolmente di Karsten Dusse”.

Non ritengo che la consapevolezza sia una forma di meditazione e non necessariamente meditare porta a essere consapevoli. Dipende da come e se si medita veramente. In psicologia, con il termine consapevolezza si intende la capacità di essere a conoscenza di ciò che viene percepito e delle proprie risposte comportamentali. Si tratta di un processo cognitivo distinto da sensazione e percezione. In meditazione, si può cominciare a prendere coscienza dei limiti della propria mente, del cambiamento connaturato a ogni esperienza, e cominciamo ad allontanarci dall’identificazione con le condizioni sensoriali

La meditazione indica una vasta gamma di pratiche, non ne esiste un solo tipo e ognuna ha effetti molto diversi. E’ importantissimo individuare il tipo di meditazione adatto per ogni tipo di persone e necessità, perciò sconsiglio sempre di meditare con ciò che si trova online solo perché c’è la dicitura “rilassante”. Per esempio, se si fa uso di psicofarmaci o si fanno delle sedute di chemio o radio, o se la sera prima si è fatto uso di droghe o eccesso di alcool, alcune respirazioni e posizioni o sequenze di posizioni possono essere dannose. 

Esistono meditazioni statiche, dinamiche, con o senza mantra, con concentrazione al respiro o a un oggetto. Come approfondimento puoi leggere, Come funziona la meditazione e meditazione: istruzioni per l’uso.

UN ESERCITO DI EGOISTI?

Sviluppare consapevolezza richiede impegno. È facile restare affascinati dalla bellezza della beatitudine che alcuni stati meditativi o sequenze yogiche attivano. In un primo momento quando hai serenità e chiarezza, ti senti come se avessi sviluppato dei superpoteri che ti sosterranno in ogni difficoltà.

Ma imparare a vivere consapevolmente nella complessità della vita è difficile.

La meditazione porta consapevolezza nel senso che porta alla distruzione dell’ignoranza, intesa come idea di una personalità indipendente e duratura. Si tenta di comprendere e interiorizzare che non esiste un io o sé separato da tutto e da tutti e/o a questi opposto. Lo yoga è unione. Ma non nel senso che tutto ci va sempre bene così com’è o come si presenta.

Così però non la pensa Der Spiegel che afferma che “attraverso la meditazione il rumore del mondo può essere messo a tacere in modo così permanente che il proprio ego diventa completamente al centro” così che la sofferenza degli altri sfuma nella nebbia del benessere. E continua, “Il boom della consapevolezza sta forse producendo un esercito di egoisti, contenti e calmi, ma indifferenti ai loro simili, alla situazione mondiale e al cambiamento climatico? Le app di meditazione hanno bisogno di volantini che avvertano gli utenti sulle conseguenze psicologiche?”. Che travisazione tremenda! Non è il boom della consapevlezza a creare eserciti di egoisti ma il boom del consumismo, il boom del “sii l’imprenditore di te stesso”, il boom delle app “fai tutto da solo, quando vuoi”, il boom dello yoga griffato, che yoga non è.

Mi viene da pensare che l’articolo sia stato scritto per promuovere le diverse app, centri di corsi online e marchi di abbigliamento indicati, facendo finta di criticare lo yoga e la meditazione. Si nomina un certo professore di psicologia di Berlino,  Simon Schindler, che ha condotto una ricerca sui “presunti effetti positivi della consapevolezza” (…) “Il suo risultato: nonostante molti studi, è difficile fare affermazioni affidabili sugli effetti curativi della consapevolezza”.  Ma afferma anche che “Secondo le sue scoperte, solo gli effetti di riduzione dello stress e di regolazione delle emozioni dell’MBSR, tecnica di “riduzione dello stress basata sulla consapevolezza”, sono ragionevolmente ben documentati. MBSR, sviluppato più di 40 anni fa dal biologo molecolare americano Jon Kabat-Zinn, si basa su tecniche di meditazione dell’Estremo Oriente”.

Su Pubmed ci sono centinaia di pubblicazioni a favore dell’utilizzo della meditazione e della mindfulness per il benessere dell’essere umano, nel mio blog indico alcune ricerche che ho ritenuto interessanti al fine di documentare gli effetti benefici della meditazione, come per esempio il Kirtan Kriya del Kundalini Yoga, valido strumento per i malati di Alzheimer.

Sento di non poter sostenere in alcun modo l’idea di un esercito di egoisti formatosi attraverso la meditazione… ma, certo, molto dipende dall’insegnante, se c’è. 

La meditazione al contrario fa sviluppare la tendenza alle opere di misericordia, non c’è spazio per l’egoismo. Varianti egocentriche ipotizzate dal giornale hanno poco in comune con l’idea originale di consapevolezza, sia questa orientale o occidentale. Come anche l’idea che attraverso la (parola) “consapevolezza” si tenda a voler fare accettare pressioni e ingiustizie sociali o personali… un pò come si sta facendo con la parola resilienza: un tentativo di manipolazione linguistica affinché le persone credano di essere diventati forti e invece sono solo soggiogate al potere. 

Il rischio di ciò che si definisce ego spirituale è sempre presente, ma se la pratica è costante ed è seguita da un insegnante competente tale incognita è superata. L’ego spirituale è un concetto che si riferisce a un fenomeno in cui una persona, mentre si impegna in percorsi spirituali o pratiche di crescita personale, sviluppa un senso di superiorità o un atteggiamento di superiorità morale rispetto agli altri. In altre parole, l’ego spirituale emerge quando la pratica spirituale diventa un terreno fertile per l’orgoglio, l’arroganza, la presunzione, il giudizio, la competizione e soprattutto l’identificazione spirituale creando una disconnessione interiore. Per questo Patanjali tra le sue indicazioni indica l’auto-conoscenza, l’introspezione. Il percorso spirituale dovrebbe promuovere umiltà, comprensione e compassione anziché alimentare l’ego. Rimanere consapevoli di tali dinamiche è essenziale per evitare che la pratica spirituale si trasformi in un veicolo per l’orgoglio personale piuttosto che per la crescita autentica e il benessere condiviso.

LA MEDITAZIONE NON (SEMPRE) RILASSA

Concordo con l’articolo in merito all’idea sbagliata più comune sulla meditazione: “dicono che la meditazione sia sempre calmante, rilassante e bella. Piacevole come il profumo della vaniglia. O un bagno caldo.”  Non è così, a volte la meditazione porta a galla questioni dimenticate o represse nel subconscio, che non sono per nulla piacevoli. Ma anche delle posizioni o delle sequenze yogiche possono avere lo stesso effetto. Per questo occorre essere sempre seguiti o avere una buona preparazione. Mentre scrivo mi rendo ancora più conto di come lo yoga e le sue implicazioni siano veramente sottostimati: lo yoga non è una forma di ginnastica posturale, come in Italia è stato tristemente inquadrato: ginnastica fitness ai fini del benessere (no comment). Se si è seguiti, se l’insegnante è presente e preparato quello che può essere un’esperienza fastidiosa o dolorosa può trasformarsi in un’opportunità di crescita personale e di liberazione da dolori emotivi. Personalmente consiglio sempre, in questi casi, di lavorare di concerto con uno psicologo, e il miglioramento psicofisico è assicurato! Sì, anche fisico perché la nostra mente e il nostro corpo si irrigidiscono in presenza di dolori emotivi. 

Se si desidera avere solo un’esperienza positiva (comandata) della meditazione occorre comunicarlo all’insegnante, comunicare che non si desidera lavorare su di sé, ma solo rilassarsi e magari farsi un pisolino. In una lezione individuale questo è sicuramente possibile.

Una certa psicologa “Britton ha compilato 60 sintomi che possono verificarsi dopo la meditazione,  attraverso  uno studio condotto negli ultimi dieci anni. Questi includono insonnia, attacchi di panico e allucinazioni.” “La metà dei nostri pazienti proviene da ritiri di meditazione”, riferisce Britton, cioè seminari di più giorni in cui i partecipanti meditano sotto guida. Spesso inizialmente hanno delle belle esperienze lì, ma a un certo punto della loro permanenza le cose cambiano e sopravvengono panico estremo, ansia o insonnia. Alcune delle persone colpite sviluppano addirittura sintomi di psicosi: deliri, allucinazioni, manie. Britton stima che il venti per cento dei suoi pazienti necessiti di ricovero ospedaliero. I numeri sono aumentati negli ultimi anni. Per soddisfare la domanda, Britton offre sempre più terapie di gruppo”.

Concordo anche con questo pericolo dei ritiri o di alcuni corsi di crescita personale, ho visto con i miei occhi queste dinamiche. Dopo i miei ritiri garantisco sempre un follow-up di almeno 4 mesi in cui seguo individualmente le persone, proprio perchè conosco le dinamiche interiori che si possono aprire. Ma soprattutto durante i ritiri non forzo mai le persone a fare pratiche che non si sentono di provare e non spingo psicologicamente sul senso di colpa: “se provi disagio è perchè ti serve, perchè vuoi chiudere gli occhi alla tua evoluzione, è una resistenza superala!”. Ho partecipato e vissuto questo tipo di pressioni, che potrei definire abusi psicologici. Persone del mio anno di corso di una scuola di psicosomatica  che tornavano a casa distrutte e che vivevano in uno stato di agitazione e disagio interiore nell’attesa dell’incontro del mese successivo. Questi sono atti di manipolazione affinché la persona si leghi all’insegnante o al team o alla scuola e creda che si senta bene solo quando si trova lì, con loro, con la nuova famiglia. Non c’è interesse alla persona, al suo benessere, c’è interesse al portafoglio, al tenere attivo un consumatore di corsi. Un buon ritiro, un buon corso di crescita personale ti accoglie libero e ti lascia libero; ti dà gli strumenti per essere solido e autonomo; gli insegnanti sono sempre disponibili per eventuali necessità di sostegno, non ti rimandano al prossimo corso o alla consulenza individuale a pagamento.  Prima di iscriversi a un corso o a un ritiro occorre valutare attentamente la persona o il team che condurrà l’esperienza, conoscere l’ambiente di formazione e comprendere la direzione in cui desiderano condurti. 

Esistono 4 elementi fondamentali del controllo mentale (da parte dei gruppi distruttivi):

  1. controllo del comportamento
  2. controllo del pensiero
  3. controllo delle emozioni
  4. controllo delle informazioni

Insieme questi elementi  portano alla devastazione dell’identità delle persone: modificazione dello stile di vita, del linguaggio, del comportamento, spesso il rifiuto a comunicare con i familiari. Chiunque può cadere in questa trappola, perché in genere tutto è mostrato in maniera molto gentile, apparentemente accogliente. Ma occorre avere sempre gli occhi aperti, dare fiducia al proprio “sesto senso”.

“Si può essere cattolici, buddisti, atei, musulmani, induisti, ma bisogna studiare le religioni a cui si decide di appartenere e con cui si decide di praticare, e se quello che vi viene offerto è una fetta di una fetta di una fetta di una torta moto più grande, attenzione ad assaggiarne un pezzettino senza conoscerne la ricetta. Il nome che si associa a quel credo a volte non è solo il nome di una pratica ma di un movimento o di un sottogruppo religioso o di altro. Non affidatevi al pensiero magico di un mantra che tutto può, e se quello che cercate è la spiritualità, non vi viene richiesto di studiare la storia di tutte le religioni, anche se non sarebbe male, ma quantomeno di non formarvi solo sui testi creati solo da un singolo gruppo, quelli che vi vengono messi sotto il naso per caso, o forse no, quelli che vi vengono donati alle fermate degli autobus, quelli che sintetizzano a tal punto da farvi credere di non aver neanche bisogno di studiare. Perché questo è l’unico modo per valutare sempre e fino in fondo cosa e chi state sostenendo e soprattutto perché” – Roberta Lippi, Love Bombing ep. 14 

NICCHIA PER NARCISISTI?

Der  Spiegel continua, “il movimento della consapevolezza è anche una nicchia per le persone che amano particolarmente – o esclusivamente – concentrarsi su se stesse. (…) le persone narcisiste amano il lavoro di consapevolezza perché è molto concentrato sul momento”, spiega una  psicologa, “ciò consente loro di fare tutto ciò che li fa sentire bene in quel momento. (…) La consapevolezza serve come giustificazione per il comportamento impulsivo”, afferma.

Anche questa affermazione mi stupisce perché  la meditazione, lo stare nel famoso “qui e ora”, non spinge le persone a vivere nell’impulso. Anzi. Ma con chi studiano o praticano queste persone? Si medita per diventare consapevoli delle proprie dinamiche interne ed evitare di reagire alla vita, ma di agire con coscienza e rispetto per se stessi e gli altri. Si medita per rinforzare il sistema nervoso e far fronte in modo idoneo alle sfide della vita, si medita per avere una mente neutra e stabile che non sia sempre nella dualità della polarità. 

Inoltre, per mia esperienza personale le persone narcisiste sono talmente autoreferenziali che non hanno il minimo interesse alla meditazione: una perdita di tempo, loro sono perfetti così come sono e tutto ciò che pensano o fanno non ha bisogno di particolari giustificazioni… in fondo ogni problema relazionale è colpa dell’altro!

Convengo con l’articolo che “la meditazione non può curare tutto”, ma sono certa che, se si vivono lo yoga e la meditazione con attenzione e onestà spirituale, non ci sarà spazio per egoismo, narcisismo, attacchi di panico, insonnia. Si svilupperanno invece altruismo, modestia, discrezione, pace interiore.

Una intervistata nell’articolo dice: “È pazzesco, con lo yoga divento più sensibile alle cose importanti della vita. Questo non riguarda solo me stessa, ma ha molto a che fare anche con gli altri.”  E un’altra: “Lo yoga ti rende più aperto a cose più grandi di te. (…) Mi aiuta ad avere un ego più piccolo e ad essere meno egoista”.

LO YOGA E LE NEUROSCIENZE

Il giornale dedica un piccolo spazio finale ai benefici della meditazione.

“Gli scienziati non stanno solo studiando gli svantaggi del movimento della consapevolezza, ma stanno anche scoprendo i vantaggi. Il neuroscienziato Giessen Ott, per esempio, sta studiando cosa fa la consapevolezza a livello neuronale. Il ricercatore utilizza l’imaging per studiare cosa succede nel cervello durante la meditazione e come l’organo pensante cambia a lungo termine quando le persone praticano regolarmente il metodo.

“La meditazione allena l’attenzione”, afferma Ott. “Se metto le persone nel tubo magnetico e do loro il compito di osservare il loro respiro”, dice lo scienziato, “allora vedo come le reti di attenzione si attivano, ma posso anche vedere quando qualcuno si allontana ” dalla concentrazione. 

Le persone che praticano la meditazione, come ha dimostrato anche Ott, spesso ottengono risultati migliori nei test di attenzione rispetto ai soggetti di controllo: “Questo effetto è presente anche in età avanzata. Le persone che meditano sono ancora molto lucide”.

La consapevolezza come fonte di giovinezza

In effetti, le misurazioni sul cervello ne sono la prova. I ricercatori guidati dalla neuropsicologa Anna Lardone dell’Università Parthenope di Napoli hanno scoperto che la meditazione regolare provoca cambiamenti duraturi nel cervello. Nell’ippocampo, una struttura cruciale per la memoria e i processi di apprendimento, hanno riscontrato un’attività di riposo più elevata nelle persone che meditano regolarmente utilizzando la magnetoencefalografia (l’attività nel cervello viene registrata utilizzando sensori di campo magnetico) rispetto al gruppo di controllo. I ricercatori concludono che la meditazione potrebbe essere una delle varie strategie di prevenzione della demenza di Alzheimer, per esempio.

E Simon Schindler, il ricercatore berlinese che studia gli effetti collaterali della consapevolezza, continua a praticare la meditazione quotidiana nonostante tutta la sua disillusione professionale. Se non è troppo stanco alla fine di ogni giornata si siede sul cuscino da meditazione. “Chiunque può iniziare a farlo ovunque e in qualsiasi momento”, afferma. “Non devi comprare nulla, non devi andare da nessuna parte, non devi nemmeno prenotare un corso o scaricare un’app”, dice, descrivendo l’opposto di un mercato da miliardi di dollari. Per praticare la meditazione consapevole, dice lo psicologo, “devo solo sedermi e chiudere gli occhi”.

…che sia stato tutto un bluff questo articolo? Un modo per fare pubblicità ad app di meditazione e, per come conclude, alla meditazione stessa?

Sarebbe da analizzare invece la moda dello Yoga Somatico per dimagrire (da fare in casa attraverso app) e della camminata in casa, invece di promuovere il benessere all’aria aperta.

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